Il cibo che ingeriamo ogni giorno ha un impatto diretto sul nostro intestino. Quello che mangiamo non solo modifica la composizione del microbiota, l’insieme di batteri e microrganismi presenti nel nostro corpo, ma cambia anche il loro comportamento. Questo è quanto emerge da uno studio realizzato da un gruppo di ricercatori danesi dell’Università di Copenaghen e del DTU National Food Institute. Le fibre giocano un ruolo chiave per la salute.

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Il microbiota non è solo una massa passiva. Si è scoperto che i batteri, in base alla nostra dieta, competono tra loro per utilizzare sostanze come il triptofano, un aminoacido essenziale. La sfida tra batteri può portare a due risultati molto diversi: la produzione di composti benefici o di sostanze dannose per la salute. A decidere come si comportano i batteri è proprio la nostra dieta.
Fibre e batteri: chi vince decide la nostra salute
Il triptofano, aminoacido fondamentale per la produzione di serotonina, l’ormone del benessere, è un terreno di competizione tra batteri buoni e batteri dannosi nel nostro intestino. Il nostro corpo non può produrre triptofano, che deve essere assunto con il cibo. I batteri presenti nel colon competono per utilizzarlo, e da questa sfida si determina il nostro stato di salute.
La ricerca, pubblicata su Nature Microbiology, ha dimostrato che mangiare una grande quantità di fibre alimentari favorisce i batteri che trasformano il triptofano in composti utili. Ma se nella dieta le fibre sono poche, batteri come l’Escherichia coli possono trasformare il triptofano in indolo, un composto tossico associato alla progressione della malattia renale cronica. Al contrario, altri batteri come il Clostridium sporogenes lo trasformano in sostanze che proteggono contro malattie infiammatorie, diabete e problemi cardiovascolari.
Quando le fibre regolano la competizione tra batteri
Le fibre alimentari hanno un ruolo decisivo in questa competizione microbica. I batteri che degradano le fibre, come il Bacteroides thetaiotaomicron, entrano in azione. Scomponendo le fibre in zuccheri semplici, mettono fuori gioco l’Escherichia coli, che preferisce utilizzare questi zuccheri anziché il triptofano. Così facendo, lasciano campo libero a batteri “amici” come il Clostridium sporogenes, che può trasformare il triptofano in composti salutari.
Martin Frederik Laursen, uno degli autori dello studio, spiega come sia necessario cambiare prospettiva sul microbiota. Non basta sapere quali batteri abbiamo nel nostro intestino. È fondamentale capire come interagiscono tra loro. “Non possiamo più considerare i batteri solo buoni o cattivi”, afferma Laursen. La dieta determina se i batteri si comportano in modo utile o dannoso.
Microbiota: non solo nemici o amici, ma alleati in competizione
Secondo Stefano Erzegovesi, nutrizionista e psichiatra, intervistato dal Corriere della Sera, la chiave sta nella collaborazione tra i batteri. “Non basta sapere quali batteri ci sono”, afferma Erzegovesi, “ma come collaborano”. Ad esempio, Escherichia coli può essere dannoso o innocuo, a seconda della sua quantità e di come si relaziona con gli altri batteri presenti nel microbiota.
Erzegovesi usa una metafora efficace: “È come un’orchestra. Anche con i migliori musicisti del mondo, un’orchestra fatta solo di violinisti non funzionerebbe. Serve equilibrio”. La competizione microbica funziona nello stesso modo: se mangiamo tante fibre, i batteri buoni vincono la competizione e utilizzano il triptofano per produrre sostanze utili come la serotonina. Se le fibre mancano, la competizione si sposta verso la produzione di composti dannosi.
Quanto conta il cibo nella produzione di serotonina
Il triptofano si trova in molti alimenti proteici, come legumi, pollo, tacchino, salmone, tonno, uova. Ma pensare che mangiare proteine sia sufficiente per aumentare la serotonina è un errore. Il processo che porta alla produzione di neurotrasmettitori è complesso e dipende dall’interazione con i batteri intestinali.

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“Mangiare tanto triptofano non serve a nulla se i batteri intestinali lo trasformano in sostanze pro-infiammatorie”, avverte Erzegovesi. In pratica, senza un microbiota in equilibrio, il triptofano può addirittura diventare dannoso. La soluzione? Aumentare l’apporto di fibre nella dieta per garantire che i batteri giusti siano presenti e attivi. Solo così il corpo può trasformare il triptofano in serotonina.
Cosa significa per la nostra alimentazione quotidiana
Lo studio danese sottolinea che il microbiota è un sistema complesso e dinamico, influenzato ogni giorno da ciò che mangiamo. Per tradurre questi risultati in scelte concrete per migliorare la nostra salute, è necessario aumentare il consumo di alimenti vegetali ricchi di fibre. Frutta con la buccia, verdura, cereali integrali, legumi e frutta a guscio sono i pilastri di una dieta che favorisce un microbiota equilibrato. Mangiare più fibre non solo migliora la salute dell’intestino, ma permette anche una gestione ottimale degli altri alimenti che consumiamo, assicurando che il triptofano venga utilizzato nel modo più vantaggioso per il nostro corpo.

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