“Diritto al cibo per una vita e un futuro migliori” è il titolo della Giornata mondiale dell’alimentazione, celebrata il 16 ottobre. Questa ricorrenza è stata istituita dalla FAO nel 1979 per sensibilizzare l’opinione pubblica su una delle sfide più urgenti del nostro tempo: garantire un accesso equo e sostenibile al cibo per tutti. Ma come stanno realmente le cose in Italia?
Una contraddizione italiana
In Italia non si muore più di fame. L’accesso al cibo essenziale è garantito a tutti. Tuttavia, assistiamo a un fenomeno paradossale. Si registra un incremento delle malattie metaboliche, come sovrappeso, obesità, diabete e malattie cardiovascolari. Queste patologie colpiscono in modo significativo le classi sociali più svantaggiate. La maggior parte delle persone sotto la soglia del benessere e con un livello culturale modesto tende a consumare cibi economici e facili da reperire. Questi alimenti sono processati e ricchi di additivi, zucchero e sale, ma poveri di fibre, proteine e carboidrati a basso indice glicemico.
Questo tipo di nutrizione sembra un privilegio delle classi elevate, che ricercano il segreto di salute e giovinezza nei cibi di qualità. L’obesità è diventata un problema delle fasce più povere della popolazione. Questo fenomeno è iniziato decenni fa, con l’aumento del consumo di cibi a lunga conservazione, come biscotti e snack, a costi sempre più ridotti. Il lockdown ha accelerato questa tendenza, facendo crescere il ricorso ai servizi di consegna a domicilio.
La dieta mediterranea, patrimonio culturale dell’Italia, è stata progressivamente sostituita da cibi nocivi e privi di storia e sapore. Oggi, il cibo più accessibile, presente nei bar e nelle tavole calde, è spesso quello meno salutare. Gli italiani mangiano senza consapevolezza riguardo le origini e la qualità degli alimenti. Spesso si limitano a leggere le etichette, ma solo in termini di calorie, ignorando gli effetti dannosi di molti additivi. Secondo un recente articolo su “Nutrimentum et Curae”, gli additivi alimentari possono innescare profili infiammatori, compromettendo il microbiota intestinale.
La dieta mediterranea a rischio
L’aderenza alla dieta mediterranea è in calo. Marco Silano, direttore del Dipartimento malattie cardiovascolari dell’ISS, sul Sole 24 ore ha affermato che negli ultimi dieci anni c’è stato un generale allontanamento dai modelli alimentari tradizionali. La transizione nutrizionale, causata da urbanizzazione e industrializzazione, ha portato a un’“occidentalizzazione” delle abitudini alimentari.
Se “siamo ciò che mangiamo”, dobbiamo preoccuparci. Il Dr. Emanuele Rinninella, Medico Nutrizionista presso il Policlinico Gemelli di Roma, ha spiegato sul sito del Cemad, che l’alimentazione gioca un ruolo cruciale nelle malattie non trasmissibili. Ogni anno, milioni di persone muoiono a causa di una cattiva alimentazione. Il divario tra poveri e ricchi si è amplificato. I poveri si ammalano di cibo, mentre le persone benestanti vivono più a lungo grazie a scelte alimentari più sane. Allarmante è l’aumento di patologie come iperglicemia e steatosi epatica nella popolazione pediatrica e giovane adulta. Le conseguenze di questo stile alimentare si manifesteranno nei prossimi anni, in termini di vite perdute e costi sociali.
Un nuovo approccio al cibo
Garantire il diritto al cibo per una vita migliore inizia dalla produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti. Secondo SlowFood, esiste un cibo nocivo, prodotto da un sistema che sfrutta e genera spreco. Allo stesso tempo, ci sono cibi che beneficiano le persone e i territori, legati a storia e cultura. Un’aderenza crescente a modelli alimentari sani deve diventare accessibile a tutti, in ogni angolo del Paese. Dobbiamo poter scegliere cosa diventare, e questo inizia dalla nostra tavola.
Il cibo non deve essere solo nutrimento, ma deve anche portare benessere. La scelta alimentare dovrebbe riflettere non solo le disponibilità economiche, ma anche la consapevolezza e il desiderio di una vita sana. Solo così si potrà affrontare il paradosso dei Paesi più sviluppati: morire di cibo, non di fame.
Un nuovo approccio al cibo


